L’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in Italia il deficit di sonno fa perdere produttività alle aziende fino a 5 miliardi di euro l’anno, una percentuale che corrisponde a circa lo 0,5% del PIL. I costi derivano da ospedalizzazioni, infortuni sul lavoro, assenze, perdita di produttività e spese derivanti dagli incidenti stradali, frutto frequentemente di “colpi di sonno” che però non si limitano solo alla guida, ma anche nei ruoli di produzione.
Il rapporto sonno-lavoro in azienda non può più essere ignorato perché la sua cronica carenza ha impatto su salute, sicurezza e performance aziendali: dormire male incide sui bilanci, equivale a perdere soldi, oltre a peggiorare il clima aziendale e la leadership dirigenziale.
Tavolo della vita con le tre gambe – cuore, lavoro, salute fisica e mentale – in equilibrio.
Un effetto di questa generale situazione di deprivazione di sonno non è solo l’assenteismo e l’incapacità di essere lucidi, reattivi e creativi, ma anche l’impossibilità di ridurre lo stress e il cortisolo che ne deriva, alla ricerca di un “work-life balance”, un nuovo equilibrio tra vita, tempo e lavoro, che ha spinto nel 2022 un boom di dimissioni (Great Resignation) con più di 2,2 milioni di addetti che hanno lasciato il proprio posto. Nella nostra vita, in media trascorriamo al lavoro 81.396 ore – l’unica cosa a cui dedichiamo più tempo è dormire – e non è accettabile che, secondo il rapporto Gallup sul lavoro, in Italia solo il 4% si sente coinvolto, il dato peggiore nell’Ue, il 49% è molto stressato e il 27% molto triste. Il 96% dei lavoratori ha livelli di cortisolo che non si abbassano con il naturale processo di rigenerazione fisica e mentale notturno, quindi viene da domandarsi come possano fare i leader – i cui livelli di cortisolo nel cervello sono talmente alti da essere vicini al burn out – a dedicarsi al lavoro se tutte le loro energie sono impegnate a difendersi dalle minacce esterne e da quelle emotive interne nell’ambiente aziendale?
Le prime linee sembrano soffrire di “presenteismo”, la situazione in cui nonostante la persona sia presente al lavoro, ha bassa produttività compromessa da stanchezza, ma anche le bottom line e i lavoratori a tutti i livelli (blue collar, white collar) soffrono di una generale deprivazione di sonno. Tutte le ricerche, sia di carattere medico-scientifico sia di carattere organizzativo-direzionale, concordano sul fatto che oggi le aziende debbano investire nell’informazione e nella formazione del capitale umano riguardo al giusto riposo rivolto al miglioramento di leadership, performance, clima aziendale, riduzione dei rischi, riduzione degli incidenti e dei relativi costi.
Il 70% dei manager coinvolti in una ricerca McKinsey conferma la necessità che la “gestione del sonno” debba essere insegnata nelle aziende con iniziative di “Salute e Wellness”; indicazioni di igiene del sonno per migliorare quello notturno e l’introduzione di “power nap” al lavoro, anche istituendo delle “rest room” in cui fare pisolini guidati da dieci/venti minuti. Un dipendente ben riposato secondo i criteri di un sonno di qualità e giusta quantità, rispetto alla sua unicità di individuo, avrà migliori capacità di giudizio e decisione, sarà più felice e di buon umore, paziente, lucido, commetterà meno errori e sarà meno soggetto a rischi, infortuni e malattie.
Visto che il focus sembra essersi spostato da “ciò che io posso fare per l’azienda” a “ciò che l’azienda può fare per me” con le sue risorse, è evidente che un sonno migliore dipende dalle scelte dei leader e dirigenti; il World Sleep Day è un invito a tutti a sostenere ed educare il mondo sull’importanza del sonno per raggiungere una qualità di vita ottimale e migliorare la salute globale, perché una vita migliore e più lunga dipende semplicemente e direttamente da un sonno migliore, che per le aziende vuol dire un recupero di efficienza, un miglioramento generale delle performance che genera un ROI positivo ed employee retention.